mercoledì 8 giugno 2016

Villa Hanbury col passeggino

Diciotto ettari di macchia mediterranea che custodisce un parco in stile romantico inglese, che dalla collina scende verso il mare. Il potenziale dei Giardini Botanici Hanbury è smisurato.

Si entra dall'ingresso collinare della villa, dopo aver dato sfogo al parcheggio creativo (e la relativa botta di fortuna) che sulle strade liguri è d'obbligo. D'altronde come diciamo noi: sciuscià e sciorbì no se peu. Non si può pretendere di godere di un giardino scosceso sul mare e avere pure il parcheggio comodo, fatevene una ragione.

Il parco si snoda fra vari sentieri segnalati, fra cui uno adatto ai portatori d'handicap. In realtà noi, col passeggino, a un certo punto del sentiero, ovvero vicino al campo di tennis, prima di arrivare al roseto, abbiamo dovuto camallarci pupa e passeggino per qualche gradino e se c'era un'altra via (che abbiamo cercato) non l'abbiamo trovata. (Questo succedeva nel maggio del 2015, spero che nel frattempo qualcosa sia cambiato)

Il percorso è molto godibile e le piante sono ben indicate (mai viste così tanti tipi diversi di salvia!!). Il punto più bello e particolare è ai piedi della villa, il Giardino degli odori, un breve percorso dove le piante sono scelte e disposte in modo da appagare l'olfatto, senso che viene insensatamente messo da parte nella progettazione di giardini. Una passeggiata breve ma intensa, da godesi a tutte narici. 

Per appagare anche l'udito invece bisogna arrivare fino in fondo al giardino e riposarvi con il suono delle onde del mare. C'è anche un baretto (non raggiungibile col passeggino) dove rifocillarsi col minimo indispensabile. 

Per visitare i paesini della zona col bebè consiglio fascia o marsupio, soprattutto Dolceacqua,


sabato 14 maggio 2016

Vestitino giallo

Il viaggio in Germania ha preso molto spazio del blog negli ultimi mesi, quindi è da molto che non mostro le mie sferruzzate. 

Questo è un modello in realtà molto semplice, ma di grande effetto: ho ricevuto complimenti anche da chi ha mani più esperte delle mie. In realtà si usa solo la maglia rasata e il legaccio, anche la parte dello schema che prevede i gettati è più intuitivo di altri diagrammi. 

Lo potete trovare su garnstudio.com in italiano, taglie da 1 mese a 6 anni. 

Io ho usato la taglia 4-5 anni, in modo che mia figlia, che ne ha 2, ci potesse crescere un po'. Sarà che lei è un po' più alta e panzerotta della media, ma, come potete vedere dalla foto, le sta già molto bene. 
Ho cambiato il rosso del modello con un color ocra, molto meno natalizio, ma anche più adatto a diverse situazioni (la foto è stata fatta a Pasqua, la freddina Pasqua amburghese). Il filato è diverso da quello del modello, ma è comunque fra quelli consigliati, per la precisione il n. 2923 di DROPS Lima.

Buon lavoro!




martedì 26 aprile 2016

Viaggio in Baviera e dintorni, un riepilogo

Ho impiegato 11 post per scrivere qualcosa (ma neanche tutto) sul mio viaggio in Germania, ora è giusto mettere un po' d'ordine.

La regina del viaggio è stata la Baviera e i re della Baviera sono i castelli di Ludwig: di Neuschawnstein e Hohenschwangau, mete della Romantische Strasse, ne avevamo parlato per quanto riguarda viaggiare con i bambini e per il trekking (ciabattone), mentre di Linderhof avevo più che altro commentato la pacchianità.

E sempre ciabattone era il trekking in giro per l'Algau e nella Foresta Nera

Avevo fatto una  breve panoramica di Würzburg, ma l'ho anche ricordata per il divieto di entrare nella Residenz con il passeggino.

Norimberga

Rothenburg on der Tauber, altra meta della Romantische Strasse, è famosa per i suoi negozi di giocattolima io l'ho anche consigliata per ammirare l'Altare del Sacro Sangue, nella chiesa di S. Giacomo.

Rottenbuch, Dinkelsbühl e Nördlingen completavano il racconto della Strada Romantica.

Di Bamberga avevo fatto una breve panoramica, ma mi ero anche soffermata a parlare della sua cattedrale. Nello stesso post avevo parlato di Friburgo e Norimberga, oltre che Spira, Worms e Lorsch.

Bayreuth ha un post tutto per sè, così come Colmar, sebbene della città alsaziana avevo ricordato l'Altare di Isenheim. Nello stesso post avevo parlato anche del coro della cattedrale di Ulm e del magnifico Altare di Creiglingen. 

Degli angoli pittoreschi di Schwabisch Hall e di Heildeberg ne avevo parlato qui, mentre in un altro post avevo consigliato alcune mete sul Lago di Costanza.

Buon viaggio!

lunedì 25 aprile 2016

Buon 25 aprile

Buon 25 aprile a chi continua a lottare


domenica 24 aprile 2016

Colmar

L'ultima tappa del viaggio in Germania... si trova in Francia! Colmar è una bellissima città alsaziana dove è molto piacevole fare una lunga passeggiata per le strade dell'incantevole centro storico, alla ricerca degli edifici più particolari o semplicemente per gironzolare armati di macchina fotografica.

Colmar, Petit Venice

Il fiore all'occhiello fra i quartieri cittadini è la Petit Venice, la più bella fra le varie piccole venezie incontrate in questa vacanza; è sempre un po' buffo paragonare pochi canali con casette a graticcio a Venezia, ma qui non manca la bellezza.

Colmar vanta orgogliosamente i natali dello scultore Auguste Bartholdi, le cui statue e fontane sono sparse per le piazze di Francia e Stati Uniti, oscurate però dalla fama della sua opera più famosa: la Statua della Libertà. Da qualche parte in città (ma non ho capito dove) esiste anche una copia in piccolo del colosso newyorkese, ma più che altro vale la pena spendere tempo per una visita nella casa natale di Bartholdi, a pochi passi dalla cattedrale.

Colmar, cortile di casa Bartholdi

Il vero must per gli appassionati d'arte è però il Musée Unterlinden, che custodisce il monumentale Altare di Isenheim di Matthias Grünewald. Nel periodo della mia visita in città il museo era chiuso per restauro, ma non mi posso lamentare perchè l'altare era stato spostato nella bella chiesa gotica dei Domenicani, dove ho avuto la possibilità di vedere la magistrale opera di Grünewald dialogare con l'altro, meno celebre, capolavoro cittadino ovvero la Madonna del Roseto di MartinSchongauer. Fra le poche opere dell'Underlinden che erano state temporaneamente trasferite nella chiesa, mi rimarrà nel cuore l'enigmatica Malinconia di Cranach il Vecchio. 

La mia visita si è svolta d'estate, ma mi hanno assicurato che vale la pena godersela anche sotto il periodo natalizio, con la città addobbata a festa e un mercatino di Natale di tutto rispetto. Non vedo l'ora di poter testimoniare di persona quanto mi è stato riportato! ;)

lunedì 4 aprile 2016

Viaggio in Baviera (e dintorni): cattedrali

Inizierete a scorgere la cattedrale di Spira, con le sue quattro torri, a chilometri di distanza dalla città. Simbolo del potere imperiale e luogo di sepoltura della dinastia salica, ha dimensioni colossali. La navata centrale, alta 30 m e larga 15, è scandita da pilastri con colonne addossate che sostengono grandi archi ciechi, che a loro volta incorniciano le arcate inferiori e le finestre, creando una raffinata suddivisione in campate, slanciate e maestose, ripresa dagli acquedotti romani. 
Dovete tenere conto che la chiesa è stata in buona parte rifatta e all'interno le poche decorazioni sono quelle tipiche dei santuari ottocenteschi: brutti affreschi dalla retorica esasperante. All'esterno della chiesa da vedere la zona absidale: allungando l'occhio è possibile vedere alcune delle decorazioni originali, che fanno capire che un tempo la chiesa doveva essere molto più bella di così.

Cattedrale di Spira
Immagine presa da trautelrichter.wordpress.com

Il Duomo di Worms ripete abbastanza fedelmente lo schema architettonico della cattedrale di Spira. L'arenaria rossa, le torri circolari ed elementi decorativi gotici e barocchi la rendono sicuramente più bella della cattedrale salica. Se reminescenze scolastiche vi faranno ricordare l'importanza politica e religiosa della città, dalle nostre parti è meno conosciuto il fatto che Worms sia la città dei Nibelunghi: questa era la capitale di re Gunther, alla corte del quale Sigfrido giunge per sposarne la sorella, dando inizio alla celebre saga. Da qualche parte lungo il fiume c'è perfino una statua di Hagen che getta il famigerato oro nelle acque del Reno. 

Non è una cattedrale, ma il Torhalle di Lorsch è comunque un'opera di grande importanza e può facilmente essere compreso in un giro che passi da Spira e Worms. Si tratta della porta dell'abbazia che qui sorgeva ed è uno dei primi esempi di architettura carolingia. La costruzione di nuovi edifici era visto dalla corte franca come un mezzo per ribadire l'importanza della dinastia e per manifestare la sua continuità con l'impero per antonomasia, quello romano. La Porta d'Arroux, in Borgogna, sembra essere il modello diretto del Torhalle, dimostrazione di come l'arco di trionfo romano sia l'idea centrale della costruzione, per il resto dai forti caratteri germanici.

Torhalle di Lorsh
Immagine presa da Wikipedia.de

La cattedrale di Friburgo detiene un fascino antico che manca ad altri grandi chiese tedesche, forse perché ogni giorno viene circondata dal mercato di fiori e prodotti agricoli, come se ancora fossimo nel Medioevo, ma è soprattutto l'impianto iconografico a rendere questa chiesa fra le più belle che ho visitato. Le guglie e i gargoyles che decorano l'esterno sono più visibili che in molte altre cattedrali gotiche, rendendo la caccia al miglior mostricillo (il mio grande diletto), particolarmente piacevole.
La torre campanaria, alta ben 116 metri, giganteggia sulla piazza, fungendo da ingresso. Per quanto mi riguarda la vera meraviglia di Friburgo è qui, ai piedi della torre, fra la vivace piazza e l'austero interno della chiesa. Godetevi le 418 figure policrome di pietra.
Le splendide vetrate sono in gran parte originali, conservatesi anche grazie al vescovo della città che le nascose durante la Seconda Guerra Mondiale. Finanziate tra il XIII e il XVI secolo dalle corporazioni artigianali della città, dall'università e dalla dinastia imperiale degli Asburgo, ognuno dei quali ha preteso il suo simbolo sulla vetrata donata.
Splendido anche il coro, per cui si paga un biglietto d'entrata e che fa orari più ridotti rispetto all'apertura della cattedrale. L'altare maggiore è opera di tale Hans Baldung Grien, ma ogni cappella custodisce un capolavoro, fra cui una pala d'altare di Hans Holbein il Giovane.

Il Cavaliere di Bamberga
Immagine presa da Wikipedia.de
Altra imperdibile cattedrale è il Duomo di Bamberga, che accoglie la tomba dell'imperatore Enrico II il Santo e di sua moglie Cunegonda, unici governanti canonizzati del Sacro Romano Impero. Lo splendido sarcofago che ospita le spoglie dei due sovrani fu scolpito da Riemenschneider Tilman, uno dei più grandi scultori tedeschi, autore di alcune magnifiche pale d'altare. Un'altra importante scultura custodita all'interno della chiesa è l'enigmatico Cavaliere di Bamberga, una vera e propria icona della germanità, erta a proprio simbolo un po' da tutti, dai nazisti ai produttori di birra locali.

San Lorenzo a Norimberga, splendidamente gotica, deriva in qualche modo dal Duomo di Bamberga e, come questa, custodisce notevoli opere d'arte, fra cui il Saluto angelico, scultura lignea di Veit Stoss, altro grande artista tedesco, e il Ciborio del Santissimo Sacramento, in pietra arenaria, i cui pinnacoli si ergono vertiginosamente fino alle volte della cattedrale, tanto da seguire la curva dell'arco ogivale. Visti i massicci bombardamenti che la città ha subito durante la Seconda Guerra Mondiale la chiesa fu gravemente danneggiata, ma i restauri sono stati massicci e scrupolosi. 

giovedì 31 marzo 2016

Viaggio in Baviera e dintorni: Lago di Costanza

Per me che abito da molti anni sul Lago di Como non è che mi sia sdilinquita per il Bodensee, ma alcuni posti sono da visitare.  

Reichenau è un isola patrimonio dell'UNESCO. Girando in auto o, meglio, in bici è facile ritrovarsi fra vigne e campi coltivati. Ci sono 3 chiese da visitare, ma la più importante è S. Giorgio con il suo ciclo di affreschi (ma informatevi prima su orari di apertura e visite guidate)

Mainau, l'isola-giardino, è l'altra isoletta segnalata da tutte le guide turistiche. Il costo di ingresso è poco meno di 20 euro a persona, quindi noi abbiamo rinunciato, sospettando, oltrettutto, che la meraviglia nel descriverla fosse dovuta a occhi nordici, non abituati alla vegetazione del clima mediterraneo. Comunque dopo le 5 il costo del biglietto è dimezzato.  

Costanza è una città vivace con tanti negozi e un piacevole lungolago. Non vale la pena di una deviazione, ma da qui partono tanti battelli, se dovete prenderne uno allora la passeggiata in città è consigliata

Meersburg


La Basilika Birnau è una bellissima chiesa barocca immersa tra le vigne di fronte al lago. Dall'esterno sembra più un palazzo che una chiesa, l'interno è stupendamente stuccato. 

Meersburg è un graziosissimo paese sul lago, La parte alta, dominata dal castello, sembrerebbe ancora nel medioevo, se non fosse per i negozi di souvenir. Giù per una ripida discesa si arriva alla parte bassa, che con tutti quei bar e ristoranti invita ad una sosta mangereccia. 

Bregenz è sulla breve costa austriaca del lago. In tutto il mondo è conosciuta per il suo festival musicale, il cui palcoscenico principale, dedicato all'opera lirica, è innalzato direttamente sulle acque del lago, creando un fortissimo impatto scenografico. Ogni due anni la monumentale struttura viene cambiata in base all'opera rappresentata. Quest'anno è stata inaugurata la Turandot, che verrà rappresentata anche nell'estate del 2016. Se andate in questo arco di tempo la Grande Muraglia cinese dell'allestimento dovrebbe ancora giganteggiare sul lago. 

mercoledì 23 marzo 2016

A te svelai tutto il mio cor

Roberto Devereux, Teatro Carlo Felice di Genova, 20 marzo 2016

Regina ElisabettaMariella Devia
Roberto DevereuxStefan Pop
Duca di NottinghamMansoo Kim
SaraSonia Ganassi

DirettoreFrancesco Lanzillotta
RegiaAlfonso Antoniozzi
SceneMonica Manganelli
CostumiGianluca Falaschi
Maestro del CoroPablo Assante
Coro Teatro Carlo Felice
Orchestra Teatro Carlo Felice
Nuovo allestimento della Fondazione Teatro Carlo Felice - Fondazione Teatro La Fenice e Fondazione Teatro Regio di Parma

Mariella Devia è nata per cantare Donizetti, se poi si trova pure in stato di grazia l'emozione fino alle lacrime è assicurata. 
Il pubblico era già entusiasta prima ancora che si incominciasse, sulla fiducia. Fiducia molto ben riposta perché è stato tutto oltre le già alte aspettative. 

Bella la regia di Alfonso Antoniozzi che ci offre un Seicento maestoso pur nella scenografia essenziale di Monica Manganelli: un grande palco al centro della scena (teatro e patibolo, cos'altro può rappresentare meglio il periodo elisabettiano?) con pannelli goticheggianti e trono della regina semoventi che cambiano aspetto allo spazio con poche mosse. Menzione d'onore anche ai costumi di Gianluca Falaschi, che veste il coro di nero, uomini e donne tutti uguali e mascherati, e fa risaltare una Elisabetta regalmente d'oro vestita all'inizio dell'opera, così come stanca e anziana reggitrice delle sorti del mondo alla fine.

Immagine rubata da Ligurianotizie.it

Gli interpreti bravissimi hanno infiammato il pubblico. Ogni pezzo chiuso è stato applaudito anche per qualche minuto e in tutta onestà c'era anche chi applaudiva a caso, ben lungi dalla fine del brano. 
La Duchessa di Sonia Ganassi è ovviamente una garanzia, l'unica che sembra provenire dallo stesso pianeta della Devia, anche se ha dovuto lasciare il trono alla Regina. E se i due interpreti maschili devono ancora sbocciare del tutto sono stati molto bravi e giustamente applauditissimi: Stefan Pop un convincente Roberto e Mansoo Kim nel ruolo di Nottingham. Il duetto di quest'ultimo con la Ganassi mi ha estasiato: sarà che non posso fare a meno di tifare per il Duca che prima canta accorato di "puro cor degli angioli" e  di "santa voce d'amistà" e poi si ritrova cornuto, però io di quel duetto avrei chiesto pure il bis, non avessi peccato di lesa maestà. 

E poi lei, Mariella Devia, sublime, tragica, regale, struggente. Perfetta. 

Non resta altro che inchinarsi. 

sabato 30 gennaio 2016

Gioventù mia, tu non sei morta

La Bohème, Teatro Sociale di Como, 24 gennaio 2016

MimìMaria Teresa Leva
RodolfoMatteo Falcier
MarcelloSergio Vitale
MusettaFrancesca Sassu
CollineFabrizio Beggi
SchaunardPaolo Ingrasciotta
Benoit/AlcindoroPaolo Maria Orecchia

DirettoreCarlo Goldstein
RegiaLeo Muscato
SceneFederica Parolini
CostumiSilvia Aymonino
Maestro del CoroAntonio Greco
Coro OperaLombardia
Orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano
Coproduzione Teatri di OperaLombardia
Allestimento del Macerata Opera Festival


Tutti abbiamo avuto vent'anni e a quell'età quasi tutti eravamo innamorati e in molti squattrinati. Credo sia per questo che per un regista è una tentazione troppo forte cercare di attualizzare la Bohème, nonostante la trama preveda ogni 5 minuti un particolare che diventa tremendamente anacronistico se si spostano gli avvenimenti anche di poco. Però alcune regie riescono bene e bisogna ammettere che questa di Leo Muscato, che trasferisce la vicenda durante il '68 parigino, se la cava piuttosto bene.

Dirò che all'inizio era proprio soddisfatta e avevo un sorrisetto ebete stampato in faccia, grazie soprattutto agli interpreti dei nostri quattro bohémiens, che rispetto ai maggiori interpreti di quest'opera hanno un vantaggio piccolo ma apprezzabile: sono giovani. Non è che essere giovani sia preferibile ad avere la voce di Armiliato, però devo ammettere che è stato divertente veder fare goliardate a chi ha qualche anno meno di me e da quel punto di vista è più credibile di chi ne ha qualcuno in più.

Un Momus discotecaro. Immagine rubata dal sito ufficiale del Teatro.


Per dovere di cronaca devo riportare che sia Rodolfo-Matteo Falcier che Mimì-Maria Teresa Leva hanno preso delle stecchuccette, che però ho perdonato perchè nel complesso sono stati bravi e appassionati. Ottime interpretazioni per Marcello-Sergio Vitale, Musetta-Francesca Sassu e Colline-Fabrizio Beggi che se l'è cavata egregiamente con la Vecchia zimarra.

Unica vera pecca della regia è stata la morte di Mimì. In ospedale. Mimì muore in ospedale, in sottoveste. In sottoveste e manicotto. Ho perdonato anche questo. 

venerdì 22 gennaio 2016

Lo scultore ritrovato

Non una grande mostra, ma comunque imperdibile quella dedicata ad Adolfo Wildt alla GAM di Milano. Imperdibile perchè Wildt è un grande della scultura italiana, condannato alla damnatio memoriae a causa della sua entusiastica adesione al fascismo. E imperdibile perché in poche sale riesce a ripercorrere le fasi salienti della sua carriera, dagli esordi alle opere dei suoi allievi, fra cui Lucio Fontana

Immagine rubata da reggiani.it


Si viene sedotti dalla forza del chiaroscuro nella sala dominata dal Vir Temporis Acti , dalla grazia estatica delle sculture raffiguranti S. Lucia e S. Francesco, dai meravigliosi (e per me sconosciuti) disegni, dalla dolcezza delle sculture dedicate alla maternità. 
Alla fine la sala meno interessante è proprio quella dei ritratti, quelli per cui Wildt è più conosciuto, ma che convincono meno. 

Volendo, si può continuare ad ammirare le opere dell'artista milanese in giro per la città, con un percorso segnato nel catalogo della mostra e che inizia proprio nei giardini della GAM. Peccato che quando sono uscita dalla mostra, intorno alle 16.30, i giardini chiudevano e addio. 

Compreso nel biglietto (solo 5 euro, da leccarsi i baffi!) anche la visita alla collezione permanente del museo, che comprende il meglio dell'arte italiana dell'Ottocento e inizio Novecento: Medardo Rosso, Tranquillo Cremona e Giovanni Segantini, fra cui Le due madri, che mi commuove sempre. 

Consiglio a tutti di farsi un giro su ArtsLife per alcune belle immagini della mostra e un'intervista alla curatrice.

mercoledì 20 gennaio 2016

Ti chiedo il bis e tu lo sai di che

Rigoletto, Teatro alla Scala, 17 gennaio 2016

RigolettoLeo Nucci
Il Duca di MantovaVittorio Grigolo
GildaNadine Sierra
SparafucileCarlo Colombara
MaddalenaAnnalisa Stroppa
MonteroneGiovanni Furlanetto

DirettoreNicola Luisotti
RegiaGilbert Deflo
SceneEzio Frigerio
CostumiFranca Scarciapino
Coro del Teatro alla Scala
Orchestra del Teatro alla Scala


Non c'è persona oggi alla Scala che non parli del miracolo: alla prima del Rigoletto Leo Nucci ha concesso il bis. Che Nucci senza il bis di Si, vendetta non ci possa stare è risaputo, ma nel tempio della lirica i bis sono proibiti dai tempi di Toscanini, almeno ufficialmente. A parole tutti concordi: figurati se succede anche oggi. Ma perché non sperarlo?
Ok, in realtà nel foyer ho sentito parlare anche di ciccioli e di come si debba usare la carne del pover purscel (nel senso del maiale), ma è la mia prima volta alla Scala, mi sono concessa un incipit più glorioso.

Uno spettacolo degno delle mie migliori aspettative: quasi tutto perfetto e del quasi che perfetto non era non dirò nulla, perché sono ancora in stato di grazia.
Rigoletto non solo è storpio e gobbo, ma ha pure un ingombrante gemello siamese di nome Leo Nucci. Dopo più di 500 volte che interpreta il ruolo, l'ha assimilato, inglobato e fagocitato. Il Rigoletto di Nucci è IL Rigoletto e l'unico difetto che si può imputare al baritono bolognese è quello di esserne ben conscio.

Immagine rubata da milano.repubblica.it


Vittorio Grigolo sembra nato per fare il Duca di Mantova, così a suo agio per vocalità e interpretazione che a vederlo su quel comodo tavolone, mentre cantava birichino Bella figlia dell'amore, pure a me sono venuti pensierini birichinissimi. Applausone dopo La donna è mobile; solitamente mi infastidisce, oggi mi sono sperticata anch'io.

Menzione d'onore alla bravissima Nadine Sierra, al suo debutto scaligero. Non solo vocalmente perfetta, ma, per niente intimidita, ha saputo tenere a bada due mattatori schiacciasassi come Nucci e Grigolo.
Finisco ricordando che Carlo Colombara era al suo debutto come Sparafucile; ovviamente all'altezza, anche se non ha l'esatta voce che il ruolo comanda. Ma mica ci lamentiamo, ha una delle voci più belle dell'universo!

E poi com'è andata con la storia del bis? L'ha fatto! Col consenso di Pereira, miracolosamente apparso in barcaccia giusto per il secondo atto, che allarga le braccia e dà la sua approvazione.