giovedì 30 maggio 2013

Io vivo QUASI in ciel

La Traviata, Carlo Felice, 26 maggio 2013

Violetta ValeryMariella Devia
FloraValeria Sepe
AnninaPaola Santucci
Alfredo GermontAtalla Ayan
Giorgio GermontRoberto Servile
GastoneEnrico Salsi
Barone Valdis Jansons
Marchese Claudio Ottino
Dottor Grenvil Christian Faravelli

Direttore Fabio Luisi
Regia Jean-Louis Grinda
Scene Rudy Sabounghi
Costumi Jorge Jara
Coreografia Eugénie Andrin
Allestimento nuovo allestimento in coproduzione con Opéra de Monte-Carlo


Voglio tanto bene al mio abbonamento alla lirica qui a Como, ma ritornare nella MIA città, nel più bello dei suoi tanti teatri e ascoltare la Devia mi istiga l'orgoglio ligure e soprattutto mi fa godere quasi fisicamente! Eh si, voglio tanto bene anche alle giovani cantanti della As.Li.Co, ma la Devia è la Devia, auguro a qualsiasi primadonna di riuscire ad avere anche solo la metà della sua perfezione tecnica!
Immagine rubata da ilcorrieremusicale.it
Sono riuscita a portare i miei per la prima volta a vedere l'opera e mio padre ha deciso di fare lo sborone e prendere i posti in  seconda fila. Ahimè, sono loggionista dentro e l'orchestra non riusciva ad arrivarmi come sono abituata: per tutto il preludio ho avuto la strana sensazione di dover alzare il volume in qualche modo. Peccato perchè dirigeva Fabio Luisi. A parte ciò, la seconda fila è fighissima e mi sono data un sacco di arie, in tutti i sensi! :)
Unico neo della giornata è che io volevo andare appositamente per sentire Rolando Panerai, che ascolterei volentieri sempre e comunque a qualsiasi età sua e mia. É stato sostituito da Roberto Servile, che purtroppo l'ha fatto molto rimpiangere (e che non si è presentato all'uscita finale). Bravo invece il tenore Atalla Ayan (e pure belloccio, via!).

Su Mariella Devia c'è poco da dire e molto da inchinarsi.  Certo, come sempre si nota che soprattutto è cantante (e che cantante!), basta vedere la scena della lettera: altre più istrioniche interpreti aspettano questo momento come quello del loro trionfo, ma la Devia non sembra del tutto a suo agio, ma quando riprende Addio del passato allora, come un albatros che ritorna nel suo elemento, spicca il volo! E il melomane ha tutto quello che ha sempre voluto ma non ha mai osato pretendere da Violetta Valery.  

La regia di Jean-Louis Grinda è stata gradevole, forse questa estate vedo un'altra rappresentazione con la sua regia e non mi dispiace. Solo l'inizio forse lascia qualche dubbio. Il sipario si è aperto ancora prima che iniziasse il preludio, con la scena ambienta in uno squallido bordello dell'800, dove la nostra Violetta giace, già ammalata, nell'attesa del dottore che deve abitualmente visitare le prostitute. Dottore che altri non è che Grenvil, che ve lo dico a fare.
Immagine rubata da primocanale.it
Durante l'esecuzione dell'ouverture abbiamo tempo di assistere alla visita e vedere l'entrata di un riccone che sceglie la Nostra e la veste con un ricco abito fucsia, a significare che da prostituta di bordello diventa mantenuta d'alto bordo. Non avendo mai letto il libro (devo recuperare, mannaggia!) ignoro se questo sia una strizzatina d'occhio a Dumas o una libera interpretazione del regista riguardo alla carriera di una cortigiana, fatto sta che col preludio poco c'entra.

Ecco, e ora che ho buttato giù qualche ricordo della recita ritorno nel mio cantuccio a vivere quasi in ciel.

mercoledì 29 maggio 2013

Esattamente un secolo fa...

... andava in scena Le sacre du printemps. Non possiamo godere della grazia innaturale di Nižinskij, ma abbiamo Pina Bausch.


venerdì 24 maggio 2013

La grande bellezza

Se Flaubert non è riuscito a scrivere un libro sul nulla, perchè Sorrentino dovrebbe riuscire a farci un film?

mercoledì 22 maggio 2013

Tanti auguri, vecchio porco!

Per festeggiare i 200 anni di Richard Wagner eccovi una piccola panoramica di preludi che spero delizieranno i vostri animi senza che sentiate il bisogno di invadere la Polonia.

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Tannhäuser, Wiener Philharmoniker diretti da von Karajan


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Parsifal, Wiener Philharmoniker, diretti da sir Georg Solti


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Gran finale col magnifico inizio di Melancholia di von Trier: Tristan und Isode, City of Prague Philharmonic Orchestra diretta da Richard Hein 


sabato 18 maggio 2013

¡Viva la vida!

Torturata da un dolore insopportabile, il sangue che continua a scorrere, una corsa in ospedale. Non c'è bisogno che te lo dicano, sai già che il tuo grembo è vuoto, che non è riuscito a trattenere il tuo bambino.
Era il 4 luglio del 1932 quando Frida Kahlo venne portata all'ospedale di Detroit a causa dell'aborto spontaneo che stava subendo. Nei 13 giorni d'ospedale che seguirono quella notte Frida concepì Henry Ford Hospital.

Henry Ford Hospital
1932, olio su metallo
Fondazione Dolores Olmedo, Città del Messico
Immagine presa da www.fridakahlo.org

Con la nitida precisione che contraddistingue la sua produzione, con la toccante semplicità di un retablo devozionale, Frida Kahlo dipinge il suo dolore. Lei è distesa nuda su un enorme letto d'ospedale, piangente, così piccola da sembrare una bambina. Ha il ventre gonfio per la gravidanza; sotto di lei il sangue impregna le candide lenzuola, il suo utero non è in grado di ospitare la vita. Con la mano tiene appoggiati al grembo dei fili rosso sangue ai quali sono attacati, come palloncini fluttuanti nell'aria, i simboli del suo aborto. Il filo centrale che va verso l'alto è attaccato all'ombelico di un feto maschio; ai suoi lati stanno un manichino che mostra l'anatomia dell'apparato riproduttivo femminile e una lumaca, animale che per le popolazioni dei nativi messicani è simbolo di concepimento e nascita, essendo la sua caratteristica andatura associata al processo delle fasi lunari, come il ciclo femminile. Un simbolo che ricorre nella produzione di Kahlo : collegata alla conchiglia di mare rappresenta la sessualità e la vita in Diego e Frida e Mosè.
Fra i fili che si dipanano verso il basso quello centrale tiene legata un'orchidea viola, fiore che rappresenta la sessualità, ma anche l'omaggio floreale che il marito Diego Rivera aveva portato a Frida in ospedale. Ai lati dell'orchidea l'osso di un bacino femminile e uno strano macchinario, a quanto pare una parte di sterilizzatore al vapore, usato all'epoca negli ospedali, il cui meccanismo di chiusura potrebbe aver trasmesso alla Kahlo delle corrispondenze con l'impossibilità ad avere figli.
Sullo sfondo, lontano, ai limiti di una terra desertica che si staglia sotto il letto d'ospedale, il complesso industriale di Rouge River di Dearborn, che fu visitato molte volte da Diego nei mesi passati a Detroit per prendere ispirazioni e fare schizzi per il suo Uomo e macchina

La solitudine e il dolore rappresentati sono laceranti e toccanti. Chi guarda il quadro è diviso da fra l'istinto a distogliere lo sguardo e la forte empatia che suscita, fra cancellare l'immagine dalla mente e la volontà di fissare ogni minimo particolare, per quanto disturbante possa essere: la piccolezza di quella donna incinta, gli oggetti reali sospesi nello spazio, il sangue, i simboli sessuali.
Tutta la vita di Frida Kahlo è dolore costante, è fame d'amore, voglia di sesso, è la volontà di dipingere ogni lacrima, ogni goccia di sangue, è sedurre la morte, è combattere la morte.

Stavo leggendo una biografia su Frida quando ho passato una notte simile a quella descritta in Henry Ford Hospital. Quello che più mi ha consolato è stata la riproduzione di questo piccolo retablo laico. Per questo e per tutto il resto, ahora y siempre que viva Frida Kahlo!

mercoledì 15 maggio 2013

Rifare la vita! Così può pensare solo gente che ne avrà anche viste di tutti i colori, ma che non ha mai conosciuto la vita, non ha mai sentito il suo spirito, la sua anima. Per costoro l'esistenza è un grumo di materiale grezzo, che il proprio contatto non ha ancora nobilitato e che perciò ha bisogno della loro rielaborazione. Ma la vita non è mai un materiale, una sostanza. La vita, se volete saperlo, è un elemento che continuamente si rinnova e rielabora da sè, che da sè si rifà e si ricrea incessantemente, sempre tanto più alta di tutte le nostre ottuse teorie.
Borìs Leonìdovič Pasternàk, Il dottor Živago