sabato 23 febbraio 2013

The Young Person's Guide to the Escape

Una ragazza si siede vicino alla finestra per leggere un romanzo mentre la musica di Britten e Purcell risuona per tutta la casa. Sembra di descrivere la sottoscritta e invece no.

Foto rubata da Fanàtico


In un'altra scena, l'impeccabile attrezzatura di un ragazzo occhialuto rende agevole la vita all'aria aperta, mentre la ragazza di qui sopra, che lo accompagna, gli mostra che si è portata dietro solo l'essenziale: il binocolo, una valigia piena di libri, il giradischi portatile e il gatto. Di nuovo, sembra la mia tipica vacanza, ma no. Trattasi, invece, dell'ultimo film di Wes Anderson.

Siamo nel 1965, due giovanissimi outsider si incontrano durante la recita in chiesa (no, non è il triste presepe vivente che facevo sempre io, qui parliamo del Noye's Fludde di Britten!). Iniziano una corrispondenza con tutti gli argomenti pre-adolescenziali del caso, programma di una fuga compreso. E quando la fuga ha inizio sulle loro tracce si mettono, fra gli altri, mamma Frances McDormand, che venero in ogni film, e capo scout Edward Norton, che nei panni dell'adulto vestito da ragazzino alla guida di ragazzini vestiti da imbecilli vale da solo la visione. Di roba per cui mi sarei potuta follemente innamorare di questo film ce n'è come se piovesse. E invece...
E invece, se avesse senso vedere il manierismo di Anderson come un difetto, direi che Moonrise Kingdom è troppo manierista. Troppo sicuro dell'auto-referenzialità dei suoi caleidoscopisci, coloratissimi, assurdi, manieristicamenteperfetti (tuttaunaparola) quadretti on silver screen. Troppo esattamente quello che pubblico e critica cercano, così esattamente che qualcosa si è perso. Forse l'originalità dei Tanenbaum, forse il coinvolgente senso di dolore e libertà de Il treno per il Darjeeling. Forse so' io che so' vecchia. 
Fatto sta che l'amore non è stato a prima vista, ma magari gliene concedo una seconda. 

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